Si può licenziare una badante per giusta causa? Se sì, quando? Questa è una delle domande più frequenti che si sarà posto chi deve occuparsi dell’assunzione di una badante. Tra i vari nodi che riguardano la gestione del rapporto di lavoro tra badante e datore di lavoro, il tema del licenziamento è forse uno dei più complessi, non solo da un punto di vista etico, ma anche e soprattutto da un punto di vista giuridico. Ma cosa dice la legge al riguardo? Cosa bisogna fare in questo caso e quali documenti servono? E la badante come può tutelarsi? Scopriamolo insieme.
- Licenziamento per giusta causa, come viene regolato nella giurisprudenza
- Quanti giorni di preavviso richiede il licenziamento della badante?
- Quanto dura il periodo prova per una badante?
- Si può licenziare la badante in malattia?
- Come si comunica all’INPS il licenziamento della badante?
- Stufo delle solite trafile burocratiche?
Licenziamento per giusta causa, come viene regolato nella giurisprudenza
Cosa ci dice la legge sull’argomento? Iniziamo con il dire che sono diversi i casi nei quali è previsto il licenziamento di una badante per giusta causa. In linea generale si tratta di motivazioni di una gravità tale da rendere la strada del licenziamento quasi obbligata. Nella fattispecie una badante può essere licenziata per giusta causa in caso di furto, minacce o ancora violenza. In tutti questi casi l’interruzione del rapporto di lavoro può avvenire in tronco e senza preavviso.
Al licenziamento per giusta causa si affianca inoltre quello per motivo oggettivo o soggettivo. Questa seconda possibilità riguarda situazioni meno gravi, ma comunque problematiche, per le quali il datore di lavoro perde la fiducia nella lavoratrice. Questo tipo di licenziamento entra in gioco quando da parte della colf o della badante i principali obblighi contrattuali non vengono rispettati. Questo è il caso, tanto per fare un esempio, dell’assenza ingiustificata, o ancora reiterati ritardi.
Quanti giorni di preavviso richiede il licenziamento della badante?
Quanti giorni di preavviso devono decorrere dal licenziamento della badante? A fare chiarezza è l’art. 35 del CCNL che disciplina il lavoro in ambito domestico. Secondo il CCNL i giorni di preavviso devono essere stabiliti in base all’anzianità del lavoratore. Ciò significa che nel caso in cui la colf o la badante abbia fino a 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro, i giorni di preavviso equivarranno a 15 giorni di calendario. Diversamente, con oltre 5 anni di anzianità, anche in questo caso presso lo stesso datore di lavoro, i giorni di preavviso saliranno a 30. L’art. 35 del CCNL precisa tuttavia, che in caso di dimissioni da parte del lavoratore tali termini potranno essere dimezzati del 50%.
Se impiegati infine con un orario uguale o inferiore alle 25 ore settimanali, i tempi di preavviso potranno cambiare ulteriormente. Nel caso in cui il lavoratore abbia cumulato fino a due anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro, il preavviso sarà di 8 giorni di calendario. Qualora si superino i due anni di anzianità, il preavviso sarà pari a 15 giorni di calendario.
E se si usufruisce di un alloggio messo a disposizione dal datore di lavoro?
In questo caso andrà fatto un discorso a parte. Qualora si venga assunti come custodi di ville o si usufruisca di un alloggio messo a disposizione dalla proprietà dello stesso, i giorni di preavviso previsti dal CCNL saranno 30 giorni di calendario. Questo nel caso in cui si abbia maturato un anno di maturità presso lo stesso datore di lavoro. Diversamente i giorni di preavviso potranno diventare 60 qualora si abbia maturato un’anzianità superiore. Anche in questo caso tali tempi potranno essere dimezzati se è il lavoratore a presentare le dimissioni.
Non ultimo nel caso in cui il datore di lavoro licenzi senza dare il dovuto preavviso, al lavoratore dovrà essere corrisposta retribuzione relativa alle mancate giornate di preavviso concesse.
Quanto dura il periodo prova per una badante?
Vale la pena ora parlare di un aspetto importante ossia il periodo di prova che dovrà essere retribuito per tutta la sua durata. Tale periodo, durante il quale entrambe le parti potranno recedere liberamente in qualsiasi momento, non dovrà superare la lunghezza di 45 giorni. A seconda della categoria nel quale viene inserito il datore di lavoro, potranno essere previsti diversi tempi di preavviso. Nel caso in cui la badante sia inserita all’interno della categoria 1° super, i giorni di preavviso previsti dovranno essere almeno 8. In linea di massima non dovranno essere inferiori a 5 giorni di calendario.
Si può licenziare la badante in malattia?
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La colf o badante può essere licenziata in malattia? La risposta a questa domanda non può che essere negativa, a condizione che si tratti di una malattia certificata dal medico di base. Nonostante ciò l’articolo 27 del CCNL spiega che questo divieto può essere parzialmente abbattuto ponendo dei precisi limiti che corrisponderanno ai giorni durante i quali il lavoratore potrà conservare il posto di lavoro.
In particolare qualora la badante sia assente per malattia, il datore dovrà corrispondere un’indennità che sarà commisurata per “i primi 3 giorni il 50 % della retribuzione globale di fatto; Dal 4 °giorno sino al 10° giorno il 100% della retribuzione globale di fatto infine dall’11° giorno al 20° giorno il 50 % della retribuzione globale di fatto”.
Oltre a ciò a tale indennità si dovrà escludere la giornata di riposo e la quota del vitto e dell’alloggio nel caso in cui sia prevista. Infine bisogna tenere a mente che nei primi tre giorni di malattia, sarà il datore di lavoro a farsi carico dell’indennità del lavoratore, mentre dal 4° giorno dovrà farsene carico Ebilcoba, a patto che i datori di lavoro abbiano versato all’ente almeno un anno di contributi.
Come si comunica all’INPS il licenziamento della badante?
Il licenziamento della badante va comunicato all’INPS entro e non oltre i cinque giorni dall’avvenuta interruzione del rapporto di lavoro. Tale comunicazione potrà essere fatta telefonicamente o in alternativa in modalità telematica attraverso il “cassetto per il lavoro domestico”. Avrà altresì efficacia nei confronti dei servizi competenti, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INAIL e della prefettura dell’ufficio territoriale del Governo.
Stufo delle solite trafile burocratiche?
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