Mantenere vivi i legami sociali nonostante l’avanzamento dell’età, sta diventando una questione “di vita o di morte”.

Penso che la questione non sia solo un problema di “solitudine” cioè di esclusione da ogni rapporto di vicinanza agli altri e degli altri piuttosto penso che sia l’isolamento la vera insidia che la solitudine rappresenta per gli anziani.
È di fatto la stabilità e la profondità delle relazioni a rendere l’individuo più o meno solo. Nell’anziano che via via dismette alcuni ruoli nel proprio quotidiano, dalla fine della vita lavorativa attiva, al modificarsi delle relazioni familiari, la vita di relazione riduce i suoi spazi e i ritmi lenti spesso polverizzano gli obiettivi della giornata.
Questa condizione spesso provoca nell’anziano un forte senso di inutilità, svuota la persona di entusiasmo e vitalità e favorisce una chiusura in sé stessi sempre più profonda, specie in presenza di disturbi fisici che limitano l’autonomia individuale.

Anziani autosufficienti che soffrono di solitudine

Secondo i dati presentati nel report “La solitudine dei numeri primi” ( studio presentato nel novembre 2019 dall’INRCA di Ancona, nell’ambito del progetto di ricerca “Inclusive ageing in place — IN-AGE” sul tema della condizione di fragilità delle persone anziane e dei relativi rischi di isolamento sociale.) sono circa 2.5 milioni le persone che vivono sole, di cui il 40% oltre i 74 anni di età. Stando poi alle proiezioni demografiche, nel 2045 questo numero salirà a 3,6 milioni di persone toccando il 6% della popolazione complessiva.
Circa nell’85% dei casi gli anziani vivono soli a seguito della scomparsa del proprio compagno di vita, una condizione che tocca, in quattro casi su cinque le donne. In tal senso, la solitudine degli anziani è una questione femminile di grande rilevanza. Sottolineiamo, poi, che circa i 3/5 di queste persone sono in buone condizioni di salute, hanno una discreta mobilità fisica e sono complessivamente autosufficienti.

A caratterizzare questa fetta di popolazione, il desiderio di mantenere la propria autonomia e indipendenza nella propria abitazione, la volontà di non essere dipendenti dagli altri e di peso ai propri congiunti. Tuttavia, se la persona, seppur autosufficiente, non riesce a ricollocarsi all’interno del tessuto sociale, l’allontanamento progressivo dagli altri, incide negativamente sul desiderio di fare, conoscere e condividere, portando verso un progressivo isolamento e conseguente senso di disistima.

La solitudine nell’anziano un percorso verso la depressione

Sono diversi gli studi che hanno stabilito una relazione importante fra gli effetti della solitudine nell’anziano e la depressione, portando a definire la terza età come una fascia a rischio per questa classe di disturbi. Un’insidia, dunque, non semplice da gestire anche in considerazione del fatto che i disturbi del tono dell’umore, sono peggiorativi per lo stato di salute complessivo della persona, specie in una fase della vita che può presentare maggiori aspetti di fragilità.

In uno studio condotto dall’Università della Calabria (Santaera P., Severdio R., Costabile A., 2017) la mancanza di un solido sostegno sociale viene indicato come uno dei fattori che maggiormente acuiscono nell’anziano il senso di solitudine, esponendolo maggiormente al rischio di fenomeni depressivi.
Ad incidere in particolar modo sembrano essere tutti quei fattori che contribuiscono a ridurre le opportunità di condivisione. È il caso della comparsa di disturbi cronici che possono modificare sensibilmente le abitudini quotidiane, in alcuni casi la perdita delle autonomie, una conseguente riduzione di attività e interessi; rilevanti sono ovviamente tutti gli eventi che comportano la perdita di relazioni significative fra le persone di famiglia e nella rete di amicizie.
Lo stesso Ateneo, con la pubblicazione del paper “Anziani e depressione: il ruolo della solitudine“, ha evidenziato come tutti gli eventi che tendono a svuotare il contesto relazionale dell’individuo rappresentano un serio fattore di rischio; mentre parimenti gli anziani che vivono in contesti ricchi di interazione sociale invecchiano meglio e abbassano notevolmente il rischio potenziale di sviluppare patologie depressive senili.

La socialità è per gli anziani un un vero e proprio sostegno “pratico” fornito da familiari, amici e persone di supporto a chi è in difficoltà e un supporto emotivo fornito alla persona, rassicurata dalla vicinanza psicologica di coloro che ha accanto. 

L’anziano, esattamente come i ragazzi nel periodo adolescenziale, ha necessità di sentire l’appartenenza a un gruppo sociale nel quale rispecchiarsi e nel quale ritrovare il senso della propria presenza.

Per aiutare gli anziani a sconfiggere la solitudine, ravvivare i loro rapporti sociali e restituire entusiasmo e fiducia in sé stessi, le attività ludiche e ricreative dimostrano tutta la loro efficacia. Un soffio di vita e allegria, la capacità di sorridere e divertirsi, scoprendosi bravi in nuove attività che rispolverano vecchie competenze. 

Tutto questo fa il gioco, fondamentale sempre nelle diverse fasi della nostra vita, straordinario per gli effetti sui più grandi.

Mantenersi attivi fisicamente e mentalmente consente attraverso attività ricreative spesso condivise, di ritrovare il piacere dello scambio con l’altro, identificare nuovi obiettivi, prendersi cura di corpo, mente e spirito.
Dalle partite a carte, ai puzzle, dai giochi enigmistici, alla dama e gli scacchi, sono tante le attività che persone in diverse condizioni fisiche, in casa con un sostegno, fuori in autonomia o presso una struttura, possono svolgere con grandi benefici e soddisfazione.
Sempre vincente anche il contatto e la condivisione con i bambini, che regalano spensieratezza e allegria e sollecitano nell’anziano il desiderio di raccontarsi.
Per chi è più intraprendente ed è in buone condizioni di salute, le passioni scoperte in gioventù e coltivate in età adulta come il ballo, la ginnastica, la pesca, le bocce, il giardinaggio sono un’ottima opportunità per apprezzare la propria età in tutte le possibilità che ancora offre.

Diventa quindi importante formare le assistenti familiari alla promozione del benessere psicofisico degli anziani, sopperendo alla mancanza di conoscenza delle attività ludico-ricreative tipiche della nostra cultura.
Lettura e discussione di quotidiani, i giochi con le carte, il confronto dopo la visione di un film qualche semplice lavoro in cucina o di artigianato magari in occasione di una qualche ricorrenza.