Con l’arrivo dell’emergenza sanitaria, la gestione dei diversi aspetti della nostra vita quotidiana si è fatta via via sempre più complicata. Non ha fatto eccezione neppure quello lavorativo che nell’ultimo anno e mezzo è stato oggetto di moltissimi decreti e sottoposto a protocolli spesso non semplici da seguire. 

Se è vero che moltissime restrizioni sono state allentate è pur vero che, la professione della badante al pari di quella di un medico e di un infermiere, implica un contatto diretto con l’assistito impossibile da evitare. Proprio per questo la guardia va mantenuta alta e l’utilizzo di dispositivi di sicurezza quali gel, guanti e mascherina è fondamentale. La tutela della salute dell’assistito è sempre al primo posto, ragion per cui è naturale che sorgano dei dubbi su come gestire il rapporto lavorativo. Cosa possiamo chiedere alla nostra badante? 

In questo articolo cerchiamo di rispondere alle principali domande e ai dubbi più frequenti legati all’emergenza sanitaria e come gestire il rapporto con la Badante durante il periodo del COVID. 

Alcune piccole accortezze 

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Foto da pxhere

Mai come in questo periodo è diventato fondamentale poter tutelare la propria salute e quella di chi ci sta accanto. Questo è sicuramente tanto più vero quando si tratta di professioni di assistenza come quella della badante dove la protezione del proprio assistito passa prima di tutto da quella della lavoratrice. Ciò significa che l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale quali mascherina, gel e guanti può davvero fare la differenza. Questi ultimi in particolare devono essere forniti obbligatoriamente dal datore di lavoro. Altrettanto importante è mantenere il distanziamento sociale laddove sia possibile, così come tenere i locali sempre puliti, sanificati e opportunamente areati. 

Cosa succede se la Badante è positiva? 

Arriviamo forse alla domanda più importante: cosa succede se la Badante risulta positiva? In questo caso la lavoratrice sarà soggetta ad un periodo di quarantena  che dovrà essere documentato. Se diversamente, è l’assistito a risultare positivo al Coronavirus, quest’ultima potrà concordare con il datore di lavoro un periodo di ferie o assenze non retribuite, salvo che non risulti tra i contatti ristretti. In tal caso anche la Badante sarà soggetta a sua volta ad un periodo di quarantena. 

Da tenere bene a mente che questo tipo di procedura risulta obbligatorio se la Badante è stata correttamente assunta. 

Green Pass, per la badante è obbligatorio? 

Questo è stato uno dei punti sui quali si è più discusso nell’ultimo periodo tanto che lo stesso sottosegretario alla Salute Andrea Costa si era espresso a favore dell’estensione del Green Pass anche alla categoria delle colf e delle badanti.

A questo proposito è importante ricordare che il green pass sarà obbligatorio a partire dal 15 ottobre, ragion per cui è importante mettersi in regola con le vaccinazioni il prima possibile. Naturalmente, proprio per garantire quanta più sicurezza possibile, specialmente nei casi di assistiti molto fragili, il datore di lavoro può chiedere ai suoi dipendenti di vaccinarsi anche prima della data prestabilita. 

Ciò significa che anche se l’obbligo non è ancora diventato effettivo, il rapporto di lavoro potrebbe comunque essere fin da subito a rischio. Il CCNL prevede infatti già di suo la possibilità per il datore di lavoro di licenziare, pur rispettando le indicazioni sui giorni di preavviso. 

E se la badante è stata vaccinata con lo Sputnik? 

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Se è vero che la badante può essere soggetta fin da subito all’obbligo di vaccinazione è altrettanto vero che può verificarsi il caso opposto vale a dire quello di una badante proveniente da un Paese Extra UE che ha già ricevuto un vaccino non autorizzato da EMA o AIFA come Sputnik o Sinopharm. In questo caso si entra in una sorta di “zona grigia” dalla quale è difficile uscire. 

Alla badante infatti non si può certamente chiedere di ripetere la vaccinazione con i sieri autorizzati, mentre dall’altro lato il problema comunque sussiste perché risulta attualmente impossibile certificare che la collaboratrice abbia seguito correttamente l’iter di vaccinazione. Ci si pone quindi un ulteriore problema ossia quello di una badante che nella pratica risulta protetta dal virus, ma che non potrà avere il Green Pass. Ad ogni modo questo problema – rende noto il Presidente di Assindatcolf Andrea Zini in un articolo de “il Sole 24 ore” del 24 agosto – può essere parzialmente risolto chiedendo che la collaboratrice fornisca una traduzione giurata della certificazione vaccinale. 

Come gestire un eventuale rientro da un Paese a rischio? 

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foto da Pixabay

Altra situazione molto frequente che il datore di lavoro potrebbe trovarsi ad affrontare riguarda la possibilità che la Badante possa rientrare da uno dei Paesi considerati a rischio, magari perché ha deciso di trascorrere il periodo di ferie nel Paese di origine. in questo caso, a seconda del Paese dal quale si rientra è necessario trascorrere un periodo di quarantena più o meno lungo che potrebbe durare 5 o 10 giorni. 

A ciò va aggiunto che la badante sarà tenuta ad effettuare un tampone entro le 48 ore precedenti all’ingresso in Italia che dovrà risultare positivo o negativo. Tale operazione andrà poi ripetuta al termine dell’isolamento. La Badante sarà inoltre tenuta a fornire relativa autocertificazione che vada a documentare il motivo dello spostamento. Sarà altresì tenuta a dare comunicazione del proprio ingresso in Italia al Dipartimento di prevenzione sanitaria del territorio di competenza. 

Bisogna tuttavia tenere a mente che resta valido fino al 25 ottobre 2021 il divieto di ingresso in Italia per chi nei 14 giorni precedenti ha soggiornato in Paesi quali Brasile, Canada, Stati Uniti e Israele. In ogni caso per avere maggiori dettagli relativi all’ordinanza vigente si rimanda al sito governativo del Ministero della Salute. 

Come retribuire il periodo di quarantena in Busta Paga 

Vediamo infine l’aspetto forse più complesso legato al periodo di quarantena ossia come questo periodo dovrà essere retribuito in busta paga. A tal proposito Webcolf segnala che il datore potrà gestirlo come ferie o in alternativa come assenza non retribuita. Può essere infine considerata come malattia nel caso in cui il medico di base rilasci il relativo certificato. Nulla toglie che trascorso il periodo massimo di 15 giorni stabilito per legge il periodo aggiuntivo non possa tramutarsi in assenza non retribuita. 

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