Il lavoro “in nero” è senz’altro una delle piaghe più diffuse in Italia. Sono migliaia infatti le persone che per un motivo prestano lavoro in modo irregolare. Secondo gli ultimi dati diffusi da Istat, su 1,6 milioni di lavoratori domestici nel nostro territorio, circa la metà (750 mila) lavora in nero. Si tratta dunque di un problema non indifferente che interessa moltissime famiglie.
I rischi però sono molti sia per il “datore di lavoro” che potrebbe non pagare il proprio collaboratore in modo “trasparente”, sia per la colf/o la badante che non ha tutte le tutele che dovrebbero essere garantite per legge. A ciò si aggiungono anche una serie di sanzioni per il datore di lavoro che possono arrivare a 8000 euro. Andiamo però con ordine e vediamo quali sono i rischi e gli aspetti ai quali prestare attenzione.
Badante in nero, i rischi
Iniziamo con il dire che la multa che si rischia è pesante: si parla di importi che vanno da 1.000 a 8.000 euro per lavoratore a cui si aggiungono 30 euro per ogni giornata di lavoro irregolare).
Ma non basta: ci sono anche le sanzioni comminate dall’INPS, che derivano da tre illeciti distinti. La prima multa dipende dal mancato versamento dei contributi e non può essere inferiore a 3.000 euro, sia che il lavoratore sia stato assunto la settimana prima sia che collabori presso la famiglia da dieci anni.
La seconda violazione consiste nella mancata comunicazione dell’assunzione all’INPS, e comporta una multa da 100 a 500 euro. La terza, infine, dipende dal non aver consegnato al lavoratore copia della medesima comunicazione INPS, e la sanzione pecuniaria va da 250 a 1.500 euro.
Come tutelarsi da una badante in nero
Arriviamo ad un tasto dolente: come ci si tutela da una badante in nero? Iniziamo con il dire che poiché l’assunzione non “risulta” in alcun modo, i rischi possono essere non indifferenti. Il capitolo forse più pesante è quello che riguarda il pagamento degli stipendi. Secondo quanto riporta “La legge per tutti”, nell’ambito del lavoro domestico non è obbligatorio pagare su conto corrente. In ogni caso deve essere comunque provato. Per correre ai ripari è dunque necessario chiedere che venga rilasciata una ricevuta di avvenuto pagamento.
In caso contrario, qualora ci siano delle contestazioni, sarà praticamente impossibile dimostrare di aver effettuato i pagamenti. Poco importa se nel corso degli anni si sia pagato puntualmente. La badante potrà chiedere ogni stipendio dal primo all’ultimo, compreso di interessi, tfr, ferie non godute, differenze retributive e naturalmente i contributi di previdenza.
Quanto costa una badante in nero?
Ora sfatiamo un altro mito molto frequente: ma davvero assumere una badante in nero conviene? Spesso una famiglia paga in modo irregolare il proprio collaboratore sperando di scorporare dal totale alcuni costi come TFR, tredicesima, contributi INPS e altri spese “burocratiche” quali possono essere le ferie. Nella realtà dei fatti tutte queste cose se dichiarate correttamente possono essere restituite insieme alla dichiarazione dei redditi.
A questo bisogna aggiungere un dettaglio importante vale a dire la paga oraria prevista dal CCNL per lavoratori in ambito domestico. Si parla infatti di 5,98 euro lordi per una persona autosufficiente, mentre 6,64 euro lordi qualora l’assistito sia non autosufficiente. Cifre che in definitiva risultano comunque di molto inferiori rispetto a quanto viene chiesto dalle collaboratrici domestiche e dalle assistenti familiari.
Cosa rischia la badante la badante in nero?
Se come abbiamo appena visto i rischi per chi assume sono evidenti e non sono certamente dei più morbidi, con l’introduzione del Jobs Act lavorare in nero è diventato un reato anche per chi presta attività lavorativa. Si può infatti rischiare di incorrere in una reclusione di massimo 2 anni, ma il rischio può essere addirittura maggiore qualora si percepisca la NASPI. In questo caso si parla di una pena detentiva dai tre mesi fino ai tre anni e della restituzione della somma percepita ai danni dello Stato. Non ultimo il lavoratore non avrà più diritto a prendere la disoccupazione, e potrà anche essere chiamato in giudizio dall’ente erogatore.
Quando la badante non vuole essere messa in regola?
Vediamo ora una questione altrettanto complessa. Cosa succede se è la stessa badante a non volere essere messa in regola? A prescindere dal fatto che con una determinata collaboratrice domestica ci si trovi più o meno bene, è necessario tenere conto della prima regola d’oro quando si intende assumere una badante: metterla sotto un contratto a norma di legge deve essere la regola e mai una scelta. Chiediti sempre cosa potrebbe succedere in caso di infortunio sul lavoro o se la badante dovesse decidere un domani di lasciare tutto e tornare al suo paese. I rischi in ogni caso sarebbero comunque altissimi sia per te che per la tua collaboratrice. In questi casi ci si trova ad un bivio: perdere i suoi benefici e dirottarsi su un’altra badante o persuaderla ad essere messa in regola.
A quali aspetti bisogna prestare attenzione?
Oltre alle sanzioni che possono essere in definitiva molto salate, è bene tenere conto che molto spesso la “denuncia” non deriva da un accertamento ispettivo dell’autorità competente, ma in seguito al deterioramento o alla cessazione del rapporto di lavoro…
…e i casi sono moltissimi!
particolare attenzione merita invece una questione molto “spinosa” che riguarda le famiglie che si affidano ad agenzie (o cooperative) che non gestiscono correttamente il rapporto di lavoro con “i domestici”. Spesso per rasserenare il cliente queste realtà firmano degli accordi con i quali si impegnano a tenere sollevata la famiglia da qualsiasi responsabilità in tema di vertenze di lavoro.
Purtroppo però queste clausole sono totalmente inefficaci in quanto la legge italiana, per tutelare il lavoratore, prevede che vi sia la totale corresponsabilità dei datori di lavoro con i “fruitori” del lavoro stesso.
Quindi attenzione! Verificate che le persone che lavorano presso la vs. casa abbiano “tutte le carte in regola”.