La concessione della propria residenza alla badante che lavora in regime di convivenza è forse una delle questioni più complesse e delicate. Quando arriva il momento di procedere con l’assunzione, spesso ci si chiede cosa comporti questo tipo di concessione e quali potrebbero essere gli eventuali rischi che potrebbero derivarne.
Iniziamo con il dire che la residenza non aggiunge alcun diritto accessorio, al fatto che la badante o altra persona occupino una certa casa, o parte di essa (una stanza), se così fosse il “padrone di casa”, ad esempio, non potrebbe sfrattare l’inquilino moroso. Ma come dovremmo muoverci in tal senso? Quali sono i documenti di cui avremo bisogno e quali diritti e doveri spettano alla badante convivente per legge? Vediamo insieme tutto ciò di cui dovrai sapere.
Come fare per dare la residenza alla badante
Prima di tutto andiamo per ordine: a partire dall’idea che la convivenza sia una condizione funzionale all’assistenza e che la badante, pur essendo “ospite” del datore di lavoro non sia parte della sua famiglia, possiamo dire che non sussiste l’obbligo di residenza dal datore di lavoro per poter stipulare un contratto di badante convivente. La badante può benissimo mantenere un’altra residenza (italiana) e figurare nel rapporto di lavoro domestico come lavoratrice convivente.
Bisogna tuttavia tenere conto del fatto che è obbligatorio comunicare l’ospitalità alla pubblica sicurezza entro 48 ore dall’assunzione inviando, via posta A/R oppure via mail con PEC, la cessione di fabbricato, ma solo se la badante è extracomunitaria.
Quando va necessariamente concessa la residenza alla colf o badante?
Poiché non è possibile comunicare l’iscrizione all’INPS del rapporto di lavoro domestico senza indicare un indirizzo di residenza della collaboratrice, ci sono due casi in cui il datore non può sottrarsi nel concedere la residenza alla lavoratrice:
- la colf o badante non ha altra residenza in Italia.
- la colf o badante ha ancora residenza dal datore precedente con il quale ha cessato il rapporto.
Va precisato comunque che il datore non può opporsi all’iscrizione all’anagrafe da parte della collaboratrice ma può solo, se non è d’accordo, decidere di non stipulare il contratto.
Il contratto di lavoro domestico di badanti conviventi può essere stipulato con residenza estera della collaboratrice?
Ci sono due casi:
- colf o badante con residenza presso uno stato dell’Unione Europea. In tal caso è possibile fare l’assunzione avendo solo un domicilio in un comune italiano ma tale condizione è valida solo per i primi 3 mesi, dopo i quali vige l’obbligo di iscrizione all’anagrafe e la richiesta di residenza in Italia.
- colf o badante con residenza presso un stato extracomunitario. È possibile fare l’assunzione avendo solo un domicilio italiano ma si dovrebbe richiedere il nulla osta allo sportello unico per l’immigrazione, che ha comunque validità per 3 mesi.
Per evitare di fare le pratiche di residenza dopo tre mesi (caso 1) e per evitare di richiedere il nulla osta (caso 2) si consiglia di fare direttamente l’iscrizione all’anagrafe e la residenza dall’inizio del rapporto di lavoro.
Che cosa comporta la residenza della badante al domicilio?
Rispondiamo adesso ad un’altra domanda, ma fissare la residenza della badante presso l’abitazione del datore di lavoro esattamente cosa comporta? Secondo il CCNL che disciplina il lavoro domestico, l’orario settimanale per COLF e Badanti che lavorano in regime di convivenza non può superare le 54 ore qualora si venga assunti a servizio intero e 30 ore se si viene invece assunti in regime di convivenza con servizio ridotto. Per quanto l’orario canonico delle 40 ore settimanali, quest’ultimo vale nel caso in cui si tratti di collaboratori domestici che vengono assunti in regime di non convivenza.
Va altresì tenuto presente che l’obbligo di concessione della residenza sussiste nel caso in cui sia la badante a farne richiesta e comunque è valido qualora l’abitazione nella quale presti servizio vada costituire l’effettiva dimora abituale.
In ogni caso la badante non entra nello stato di famiglia del datore di lavoro. All’anagrafe risulta infatti semplicemente domiciliata nell’abitazione dove si svolgerà l’assistenza.
A che cosa serve la residenza per la badante straniera?
Ma esattamente a cosa serve concedere la residenza all’assistenza familiare presso l’abitazione? Al di là dell’aspetto puramente pratico, che significa poter essere in grado di assistere l’anziano non autosufficiente 24 ore su 24, fissare la residenza alla badante significa prima di tutto ottimizzare determinati aspetti burocratici come ad esempio l’obbligo per il lavoratore o la lavoratrice di avere un medico al quale fare riferimento e che dovrà essere assegnato nel caso in cui il lavoratore sia regolarmente iscritto all’anagrafe.
Un altro aspetto da non sottovalutare viene disciplinato dal Dpr 223/1989 secondo il quale, ai fini dell’iscrizione presso l’anagrafe del comune, il soggetto interessato può manifestare la volontà attraverso uno stato di fatto che nella fattispecie va a costituire l’effettiva dimora in quel determinato Comune.
Inoltre, se da una parte la badante non entrerà a far parte dello stato di famiglia, è altrettanto vero che per il datore di lavoro è fatto obbligo di richiedere l’iscrizione anagrafica per tutte quelle persone sulle quali esercita potestà o tutela. Ciò quindi comporta il fatto che la badante diventerà a tutti gli effetti membro della famiglia anagrafica in quanto la convivenza troverà la giustificazione per motivi lavorativi. Il lavoratore dovrà essere iscritto quindi ad una scheda separata.
Che documenti servono per cambiare la residenza della badante?
Arriviamo ad un altro aspetto di carattere pratico, vale a dire i documenti che vengono richiesti per fare il cambio di residenza.
Ecco quali sono:
- fotocopia fronte e retro carta d’identità ( se straniero il permesso di soggiorno)
- fotocopia fronte e retro codice fiscale e/o tessera sanitaria
- fotocopia del contratto di affitto, acquisto o comodato d’uso della residenza
- fotocopia di eventuali patenti laddove in possesso
Da ricordare che tale richiesta dovrà essere effettuata presso il comune nel quale è ubicata la nuova residenza. Inoltre è tassativo procedere entro e non oltre il ventesimo giorno dall’inizio dell’abitazione nella nuova dimora.
Cosa spetta alla badante convivente?
A cosa avrà diritto in definitiva la badante convivente? A stabilirlo la legge 1228/1954 secondo il quale la collaboratrice convivente avrà diritto ad una camera e ad uno spazio personale dignitoso. Altresì avrà diritto a tre pasti al giorno (colazione, pranzo e cena), nonché beni di prima necessità. Proprio per questo è fondamentale accertarsi di determinati fattori in primis lo stato di famiglia nel quale l’assistito ha il domicilio.
Cosa succede al termine del rapporto di lavoro?
Alla fine del rapporto di lavoro (ultimato il preavviso), il datore di lavoro, proprietario dell’alloggio, (o un suo erede o delegato) va in comune e informa l’ufficio anagrafe che in casa sua non abita più il suo ex dipendente. Per cancellare la residenza, però ci vuole un anno (durante il quale il Comune verificherà l’effettivo allontanamento dell’ex-residente).
Se invece la badante richiede il cambio di residenza in qualsiasi altro luogo, la cancellazione della precedente residenza è istantanea.
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