Rompere il salvadanaio a caccia dell’ultima moneta di rame o arrivare addirittura a indebitarsi: gli italiani sono costretti a ricorrere a rimedi estremi per resistere ai colpi della crisi e permettersi il supporto di una badante a casa. La pensa, o meglio, fa così 1 milione di famiglie, secondo quanto mette in luce il rapporto ‘Sostenere il welfare familiare’, realizzato dal Censis per Assindatcolf, l’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, che Huffpost ha potuto leggere in anteprima.
E c’è anche chi sta peggio: 2,9 milioni di famiglie, infatti, avrebbero bisogno di usufruire di servizi di collaborazione domestica, ma non possono permetterselo a causa dei costi insostenibili.
Un quadro, quello delineato dal Centro studi, che parla chiaro: le famiglie italiane che si avvalgono di servizi di assistenza e collaborazione domestica, tra i quali rientrano anche quelli forniti dalle badanti, sono 2 milioni e 143mila, pari all’8,3% del totale. Quasi la metà si trova con l’acqua alla gola e costretta a ridurre altre voci di spesa, intaccare i propri risparmi o indebitarsi per far fronte alle spese.
Esborsi imponenti perché la domanda è consistente. Gli italiani non possono fare a meno di colf, badanti e baby sitter: negli ultimi 15 anni, infatti, l’occupazione diretta di questi servizi è cresciuta del 46% e impiega attualmente 1,6 milioni di persone.
Il valore generato e sostenuto direttamente dalle famiglie è prossimo ai 20 miliardi di euro, in crescita del 22% dal 2000, con un incremento del 2,7% solo nell’ultimo anno nonostante ci sia stata una contemporanea contrazione della domanda di questa tipologia di servizi.
A pesare nelle finanze delle famiglie non sono tanto i servizi per la cura della casa quanto le spese per il supporto fornito da figure preposte ad assistere persone anziane o non autosufficienti. Basti pensare che ogni nucleo familiare che usufruisce del lavoro delle badanti acquista mediamente 46,7 ore di servizio a settimana.
Servizi sempre più indispensabili, poche risorse. E quando occorre correre ai ripari ecco spuntare il lavoro nero. La galassia dei collaboratori domestici invisibili è più attiva che mai: secondo il rapporto più della metà (54,9%) sono irregolari. In numeri tondi fanno 876mila a fronte di 721mila (45,1%) che sono invece regolari. Più di un lavoratore domestico su 5, in Italia, è quindi in nero: nessuna dichiarazione del datore di lavoro, niente contributi versati. Inesistente per lo Stato e per le sue casse.
“Esiste una zona grigia dove molto spesso i controlli dello Stato non arrivano e se questo accade, come testimonia la recente operazione della Guardia di Finanza in Veneto sui redditi non dichiarati di collaboratori domestici, emergono preoccupanti irregolarità”, denuncia il vicepresidente di Assindatcolf, Andrea Zini.
Ecco perché, secondo l’associazione, c’è un solo rimedio: la deduzione totale del costo del lavoro domestico. Secondo Assindatcolf, infatti, quest’operazione avrebbe un impatto positivo sui bilanci delle famiglie, oltre a costituire un incentivo per i lavoratori a presentare la dichiarazione dei redditi e quindi a facilitare il lavoro dello Stato, oltre a far sorridere le casse dell’Erario. Un meccanismo che porterebbe, secondo il Censis, a far emergere fuori dalla nebbia 340mila lavoratori irregolari.
Giuseppe Colombo, L’Huffington Post